Vi siete mai confrontati con imprenditori americani? Nelle loro parole spesso traspare l’orgoglio per gli errori che hanno commesso, i fallimenti che hanno subito e affrontato. A differenza del nostro modo di pensare europeo, percepiscono il fallimento come positivo, formativo, stimolante, necessario. Non c’è niente di più bello che riuscire a rialzarsi dopo un fallimento, imparare dai propri errori per ricominciare, riprovarci e farcela. Sono dinamiche che donano al successo un sapore speciale e un valore aggiunto.
Inoltre, sviluppano forza e fiducia, non solo nelle persone ma anche nella società.
In questo articolo, vorrei richiamare l’attenzione su due punti:
- fare una distinzione tra errore e difetto
- Sottolineare l’importanza dell’analisi, della riflessione (autoriflessione) e dell’apprendimento condiviso (principio dell’azienda che apprende)
Innanzitutto va precisato che il diritto all’errore è una norma pedagogica che prevede l’accettazione degli errori e può essere riassunta nei termini seguenti: qualsiasi persona in buona fede, disposta a imparare e/o sperimentare, non dovrebbe essere sistematicamente punita per gli eventuali errori commessi nel perseguire tale obiettivo.
In pedagogia, quando qualcuno sta imparando (studente, tirocinante…), l’errore è considerato un fenomeno naturale e parte integrante del processo di apprendimento. Per imparare e fare passi avanti si segue un percorso fatto di tentativi ed errori. Sta agli insegnanti e alla persona che segue il percorso di apprendimento trarre vantaggio e insegnamento dagli sbagli commessi. Capire e ridurre gli errori è la strada verso il successo, favorito teoricamente dal riconoscimento degli insegnanti o dalla soddisfazione personale per i risultati ottenuti.
Ecco come applicare in modo proficuo il diritto all’errore:
- non mirare alla deresponsabilizzare,
- mirare ad alleviare il senso di colpa che può essere paralizzante,
- negare l’utopia del perfezionismo, ossia l’illusione che tutti siano in grado di agire istintivamente in modo impeccabile
- alleviare la pressione eccessiva esercitata da una società sempre più esigente in termini di prestazioni
Distinzione tra errore e difetto
Un difetto (dal latino defectus, «il venir meno», derivato di deficĕre «mancare»), descrive una mancanza, una trasgressione a una norma, mentre un errore (dal latino error, derivato di errare «vagare; sbagliare») è un equivoco, un’azione sconsiderata o addirittura spiacevole, una carenza di giudizio o di valutazione.
Commettere un errore significa sbagliare, ma non per malafede o negligenza. L’errore è involontario o dovuto all’ignoranza (temporanea mancanza di conoscenza). Si dice che «errare è umano», perché nessuno è perfetto.
«Un errore diventa un difetto solo se si rifiuta di correggerlo.»
John Fitzgerald Kennedy
Per quanto riguarda il difetto, la sua etimologia mette in evidenza la mancanza, il fallimento, la colpa, «trovarsi in difetto» significa commettere deliberatamente uno sbaglio che può portare a conseguenze anche gravi. Ha dunque una connotazione morale e implica la responsabilità di chi «è in difetto».
Uno degli esempi più calzanti è il settore dell’aviazione. Milioni di persone prendono oggi l’aereo, il mezzo di trasporto con un tasso di incidenti molto basso. Se non mi sbaglio si parla di un livello di sicurezza pari al 99,999985%.
Anche un pilota di linea a lungo raggio, con più di 5000 ore di volo di esperienza, rivede sistematicamente la sua lista di controllo, senza eccezioni. Se non lo facesse, agirebbe con negligenza, dunque sarebbe in difetto!
Lo stesso vale per medici, chirurghi o persone più vicine a noi, per tutti noi quando ci troviamo per strada o al lavoro: se mentre guido guardo il cellulare, mi trovo in difetto, non faccio semplicemente un errore. Se non prendo in considerazione le istruzioni di sicurezza nell’area di produzione o nel magazzino, sono in difetto, non in errore.
D’altra parte, se prendo un’iniziativa con le migliori intenzioni e trascuro involontariamente un dettaglio che poi si rivelerà importante, commetto un errore, ma non sono in difetto, perché non lo sapevo. Non devo fare altro che imparare da questi errori: questo è il punto cruciale per le aziende e le organizzazioni.
Azienda che apprende
Nel 1977, Chris Argyris1 iniziò a sviluppare i principi della cosiddetta «learning organization» (azienda che apprende), mettendo poi in evidenza dei cicli di apprendimento (singolo e doppio). Già nel 1950, lo statistico William Edwards Deming (1900–1993) lanciò la famosa ruota PDCA (plan–do–check–act).
I principi di ruota e ciclo sottolineano l’importanza di una riflessione sistematica e sistemica delle nostre azioni.
In caso di errore è dunque essenziale riflettere sistematicamente sulle cause e le ragioni che vi stanno all’origine, cosa che si può fare attraverso un’autoriflessione personale, un debriefing pianificato o un feedback mensile. L’importante è farlo, per fare poi tesoro degli insegnamenti acquisiti.
Rafforzerete così le vostre competenze, la fiducia in voi stessi, il vostro intuito e, attraverso la condivisione, anche gli altri e l’istituzione/organizzazione nel suo insieme.
Per riuscirci vi sarà utile ricorrere a una riflessione sistemica. Pensate quindi a chi altro potrebbe trarre beneficio dai vostri insegnamenti, a quali processi o attività potrebbero esserne influenzati, e condividete le vostre riflessioni con gli altri.
Questo approccio sistematico e sistemico contribuirà alla crescita della vostra organizzazione, trasformandola in un’organizzazione che apprende e ponendo le basi per sviluppare innovazione, creatività e spirito d’iniziativa.
Un vero e proprio diritto all’errore (senza essere in difetto) contribuisce a generare sicurezza psicologica e quindi a creare il clima necessario per affrontare le sfide attuali e future.
Vi auguro di commettere errori, di imparare dai vostri errori e di condividere gli insegnamenti con gli altri e con la vostra organizzazione.